Benvenuti nel Gucciverso, Parte 10. Alessandro Michele e la Gucci-mania
Quando il barocco andò in overdrive (e funzionò)
LE GRANDI CASE DI MODA
ilsensei
6/24/20253 min read


Dopo gli anni eleganti e contenuti di Frida Giannini, Gucci aveva bisogno di qualcosa. Di qualcuno. Di un colpo di teatro.
E come spesso accade nella moda — e nelle migliori telenovele aziendali — la rivoluzione arrivò da dentro, e nessuno l’aveva prevista.
Nel 2015, dopo l’uscita improvvisa di Frida, viene chiamato a disegnare una sfilata uomo in extremis un certo Alessandro Michele, romano, ex braccio destro proprio di Frida, amante dell’antico, del kitsch, delle reliquie sacre e delle biblioteche polverose.
E da lì, niente fu più come prima.
🎭 Il colpo di scena: nerd, barocco e paillettes
Alessandro Michele prende Gucci e lo ribalta come un calzino vintage trovato in un mercatino di Berlino.
Via il minimalismo, via la sobrietà, via la sensualità anni ’90. Dentro:
camicie con jabot,
blazer anni ’70,
animali mitologici,
gonne per uomini,
e accessori così carichi che serviva un consulto prima di indossarli.
Michele crea un’estetica maximalista, intellettuale, rétro, queer e ironica, dove ogni outfit sembra raccontare una favola (o un’allucinazione lisergica ben curata).
📱 E il mondo… esplode
Con Michele, Gucci diventa viralissimo. I social lo adorano:
📸 Instagram pullula di look teatrali,
📹 TikTok lo adotta come religione vintage-pop,
🎥 e le campagne sembrano uscite da un incrocio tra Twin Peaks e un dipinto rinascimentale.
Gucci smette di vendere solo prodotti e inizia a vendere immaginario. Michele trasforma il marchio in un universo narrativo.
Ogni sfilata è un evento: ospedali gotici, sale operatorie, musei antichi, rovine romane, giardini simbolisti. Manca solo il trono di spade. (Ma c’era il dragone.)
💰 Ma mica era solo scena
Sotto le piume e i ricami, ci sono numeri da capogiro.
Le vendite volano, Gucci diventa il motore trainante di Kering, parlano di “Gucci Renaissance”. Michele viene visto come il genio che ha capito cosa volevano le nuove generazioni: identità fluida, espressione libera, eclettismo senza paura.
Tutto è "Guccificabile": dall'arredamento ai film, dalle collaborazioni con Harry Styles a quelle con Balenciaga.
E, per qualche anno, tutto il mondo sembra voler vivere dentro una campagna Gucci.
🕯️ Ma ogni incantesimo ha la sua fine
Nel 2022, qualcosa cambia. I numeri rallentano. L’estetica inizia a diventare prevedibile, forse ripetitiva. Il rischio? Che il magico mondo di Michele si trasformi in una bellissima bolla d’aria.
E così, senza drammi pubblici ma con un certo stupore, Alessandro Michele lascia Gucci a novembre 2022.
Un’uscita silenziosa, quasi meditativa. Nessun litigio eclatante, solo un “è il momento di voltare pagina”.
Per la prima volta, Gucci resta senza barocco, senza jabot e senza animali parlanti.
📌 Cosa ci ha lasciato?
Una moda che ha sovvertito le regole, una maison che si è trasformata in movimento culturale, e un designer che ha portato umanità e poesia in un sistema sempre più frenetico.
Michele non ha solo vestito la gente: ha dato loro personaggi da interpretare, mondi in cui riconoscersi, codici da decifrare.
E diciamolo: ci ha anche insegnato che un completo rosa shocking con sandali da nonno può, in effetti, essere da red carpet.
💬 E ora?
Gucci si è rimessa il blazer, ha chiamato Sabato De Sarno, e punta di nuovo su linee pulite e vendite solide.
Ma la stagione di Michele resta irripetibile. Un periodo in cui Gucci sognava ad alta voce, e per qualche anno, ci ha fatti sognare tutti.








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