Benvenuti nel Gucciverso, Parte 8. Gucci, PPR e il colpo di teatro che fece tremare la moda

Quando la borsa era più sexy delle borse

LE GRANDI CASE DI MODA

ilsensei

6/22/20253 min read

Dallas, ma con le borse: Gucci, PPR e il colpo di scena che cambiò la moda

Chi si ricorda Dallas, la leggendaria serie TV anni ’80 fatta di petrolio, cappelli texani, lotte familiari e J.R. Ewing? Bene. Ora dimenticate i pozzi di petrolio e immaginate che al loro posto ci siano passerelle, azioni in borsa e borse da 2.000 euro. Ecco a voi la versione fashion del melodramma finanziario: la guerra per Gucci, con protagonisti De Sole, Tom Ford, Bernard Arnault e François Pinault.

Un copione che avrebbe fatto impallidire anche Southfork Ranch.

Atto I: Gucci si rifà il trucco (e che trucco!)

Siamo alla fine degli anni ’90. Gucci è uscita viva dalle faide familiari (altro che gli Ewing!) e grazie alla visione manageriale di Domenico De Sole e alla creatività provocatoria di Tom Ford, è tornata ad essere uno dei marchi più hot del momento. Sexy, moderna, brillante, e soprattutto: profittabile. E si sa, quando inizia a girare il denaro, non mancano mai gli “amici interessati”.

Spoiler: in questo caso, l’amico si chiama Bernard Arnault.

Atto II: LVMH arriva… senza invito

Nel gennaio del 1999, Arnault, già potentissimo re del lusso con LVMH, si presenta alla festa senza invito e compra circa il 34% delle azioni Gucci. Un’operazione fulminea e ostile, in puro stile J.R.: non ti chiamo, non ti avviso, semplicemente ti compro.

Il messaggio era chiaro: Gucci deve entrare nell’universo LVMH.
Il problema? De Sole e Tom Ford non erano per niente d’accordo. E non avevano intenzione di diventare l’ennesima perla nella collana di Arnault.

Atto III: entra monsieur Pinault (e cambia la partita)

La reazione è rapida. Gucci cerca e trova un cavaliere bianco: François Pinault, fondatore del gruppo PPR (Pinault-Printemps-Redoute).
Non proprio un nome da copertina, almeno all’epoca, ma con soldi, visione e una sana voglia di mettere i bastoni tra le ruote a LVMH.

Nel marzo 1999, Pinault compra una quota minoritaria di Gucci con un accordo che gli permette di salire progressivamente. È l’inizio di un’alleanza strategica che cambia il destino della maison.

Epilogo: Gucci resta Gucci (per ora)

La battaglia dura due anni. Tra tribunali, cause e retroscena da thriller finanziario, alla fine Arnault si ritira, vendendo le sue azioni.
PPR diventa l’azionista di maggioranza e getta le basi per quello che diventerà l’attuale Kering, oggi rivale diretto di… indovina chi? Esatto: LVMH.

Tom Ford e De Sole rimarranno ancora qualche anno, fino al 2004, quando usciranno di scena (non senza drammi, ça va sans dire).

Più Dallas di così…

Questa non è solo una storia di moda. È Dallas in versione haute couture:

  • alleanze strategiche

  • scontri tra titani

  • ego oversize e qualche foulard di seta

Anziché trivelle, qui si estraggono quote di mercato. Anziché ranch, ci sono holding lussemburghesi. Ma la sostanza è la stessa: soldi, potere e chi comanda davvero dietro il sipario.

La morale? Nel mondo del lusso, come a Southfork, vince chi gioca d’anticipo e sa quando colpire.

E Gucci, almeno quella volta, ha giocato da protagonista.

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E ricorda: chi possiede le quote... detta la moda (è triste ma è cosi).