Benvenuti nella République de Chanel, Parte 1.

Quando Chanel era solo un cognome e la moda ancora non sapeva cosa l’aspettava

LE GRANDI CASE DI MODA

ilsensei

6/26/20252 min read

Prima di diventare Chanel, prima ancora di diventare “Coco”, c’era Gabrielle, una bambina cresciuta a forza di silenzi, cuciture e sguardi storti. Niente nascite nobili, niente lezioni di piano né viali parigini. Solo un ospizio per poveri a Saumur, nella Loira, e un padre venditore ambulante con la valigia più piena di assenze che di sogni.

Gabrielle Chanel nasce nel 1883, e già da lì le cose partono in salita. A 12 anni perde la madre, e il padre – coerente fino in fondo – sparisce. Lei e le sorelle vengono spedite all’orfanotrofio del convento di Aubazine, tra le suore cistercensi. E mentre le coetanee sognano il principe azzurro, lei impara a cucire con precisione millimetrica e a osservare il mondo con quello sguardo tagliente che nessuna gonna lunga saprà mai addolcire.

La sua infanzia non è tragica, è peggio: è grigia, monotona, sorda. Ma proprio lì, tra le lenzuola ruvide e il silenzio delle navate, si formano due cose fondamentali: il suo gusto per la semplicità radicale (ciao ciao pizzi e merletti) e il suo bisogno feroce di autonomia. Gabrielle cresce così: senza fronzoli, senza illusioni e con una discreta diffidenza verso le emozioni gratuite.

A 18 anni esce dal convento e inizia a lavorare come commessa e sarta, perché la vita vera – quella che non fa sconti – è già iniziata da un pezzo. Ma le domeniche sera si esce, e Gabrielle canta nei caffè-concerto di provincia. Canta Qui qu’a vu Coco?, e proprio da lì arriva il soprannome che le resterà appiccicato addosso come un’etichetta ben stirata: Coco.
Un po’ cavallerizza, un po’ soubrette, un po’ bugiarda creativa (il suo sport preferito, insieme al negare il proprio passato), Coco comincia a costruirsi una leggenda personale, pezzo dopo pezzo. E lo fa con il talento naturale di chi ha capito presto che la realtà, per essere sopportabile, va stirata, ritoccata, a volte cucita da zero.

A 23 anni incontra Étienne Balsan, ex ufficiale e figlio di papà, che la accoglie nel suo mondo fatto di cavalli, castelli e mondanità sussurrata. Lei ci entra come una presenza fuori posto, con i suoi abiti semplici e il sorriso ambiguo. Ma piace. E come sempre, osserva, ascolta, impara in silenzio. Non ha ancora inventato nulla, ma ha già capito tutto: come si muove il potere, come si conquista uno spazio, come si costruisce uno stile.

Poi arriva Arthur “Boy” Capel, l’uomo che amerà davvero (ma non troppo apertamente) e che la aiuterà ad aprire la sua prima boutique. Ma questo è già un altro capitolo. Quello in cui Gabrielle smette di galleggiare tra le vite degli altri e inizia a scrivere la propria.

Per ora ci basta dire questo: a 27 anni, Coco Chanel non è ancora nessuno. Ma ha già deciso che sarà qualcuno.

E quando una donna senza nulla decide di diventare tutto, il mondo farebbe meglio a mettersi comodo.