Lemaire A/I 2025–26: poesia urbana o solo rumore di fondo?

Quando il minimal perde la bussola sulla passerella

SFILATE

ilsensei

6/2/20252 min read

Per la collezione autunno/inverno 2015–16, Lemaire porta in scena una sfilata che sembra voler raccontare una storia urbana, intima e poetica. Una di quelle narrazioni sospese tra eleganza essenziale e vibrazioni da street-style parigino. Peccato che, una volta accesi i riflettori, il racconto si perda quasi subito in un’atmosfera confusa e frammentaria.

L’idea di mescolare suggestioni urban con una certa raffinatezza classica, almeno sulla carta, aveva potenziale. Ma il risultato reale è disordinato: i volumi oversize sembrano prendere il sopravvento, i colori tendono a spegnersi in una scala cromatica cupa – grigi, neri, beige – con solo qualche sporadico tocco di rosso acceso a rompere l’omogeneità. Il problema non è la sobrietà, che anzi è un punto di forza del brand, quanto l’assenza di una direzione chiara.

Anche il pubblico sembra cogliere questa incertezza. I volti degli spettatori raccontano molto più di quanto si veda in passerella: poco stupore, poca partecipazione emotiva, quasi una distanza. Forse il suono contribuisce: una colonna sonora fatta di silenzi alternati a rumori urbani e voci registrate che evoca più un’installazione concettuale da Biennale d’Arte che un evento moda. Interessante come esperimento, ma fuori fuoco nel contesto.

I capi principali – cappotti larghi, bomber rigidi, linee squadrate – puntano a una neutralità che, però, finisce per cancellare l’individualità. Uomini e donne si confondono in look troppo simili, dove la personalità del corpo e del carattere viene annullata invece che espressa. Un messaggio, forse? Ma se c’era, è rimasto intrappolato nella nebbia.

Ci sono però elementi che meritano attenzione. Gli accessori – soprattutto le borse – colpiscono per design e qualità. Si intuisce che, in un altro contesto stilistico, avrebbero brillato molto di più. E alcuni momenti, come l’abbinamento tra outfit slim e soprabiti oversize, riescono a trovare una bella armonia visiva: un equilibrio tra struttura e fluidità che funziona agli occhi e immagina nuove proporzioni.

Purtroppo sono eccezioni. Il resto della collezione scivola in una ripetitività che non stimola, con proporzioni sbilanciate e idee appena accennate. Si ha l’impressione che qualcosa stesse per nascere, ma sia rimasto a metà strada.

L’unico vero colpo di teatro arriva sul finale: un abito lungo bianco, con una scollatura profonda ma composta. Finalmente un capo capace di definire una silhouette, trasmettere un messaggio, e restare impresso. Un momento elegante, femminile, perfettamente calibrato.

Il punto è che la collezione, presa da sola, funziona più di quanto sembri. I singoli capi, visionati sul sito ufficiale o nelle fotografie, rivelano un gusto preciso, minimalista, coerente con l’identità di Lemaire. Il vero problema è stato come questi capi sono stati messi in scena: tra luci sbagliate, scelte coreografiche poco fluide e un concept difficile da decifrare, lo show ha finito per penalizzare ciò che invece poteva risaltare.

Morale? Anche il minimalismo ha bisogno di struttura. Senza una visione forte, rischia di diventare solo silenzio.
Slogan finale: Se l’eleganza è un sussurro, qui qualcuno ha dimenticato il microfono.

📌 Cosa funziona

  • Gli accessori, in particolare le borse: essenziali ma ben disegnate, con carattere.

  • Alcuni abbinamenti oversize/slim riescono a creare una dinamica visiva interessante.

  • L’abito bianco finale: unico vero momento di equilibrio tra forma e significato.

  • La volontà di proporre una narrazione alternativa, seppur non riuscita.

🚫 Cosa no

  • La messa in scena: confusa, poco efficace, più vicina a un esperimento concettuale che a una sfilata.

  • Le proporzioni spesso sbagliate e mai veramente funzionali.

  • Un’uniformità forzata che annulla l’identità individuale.

  • Una collezione che, nonostante il potenziale, risulta poco coinvolgente nel suo insieme.

I TRE TOP DELLA COLLEZIONE

I TRE FLOP DELLA COLLEZIONE